Dispaccio #003 Prefazione di Serena Spada

Dispaccio #003 Prefazione di Serena Spada, da "1984" di George Orwell

Nella Città Senza Nome, le parole erano state ridotte a schegge. Il Ministero dell’Armonia aveva decretato che ogni sillaba non autorizzata fosse un crimine contro l’equilibrio sociale. Le labbra dei cittadini si muovevano solo per recitare formule approvate: «Tutto è chiaro», «Nulla è nascosto», «La Verità è una sola». Avevano spento i libri, ovviamente. Bruciati, poi polverizzati, poi dimenticati. Ma la polvere, si sa, si infila ovunque. Lira, addetta al Settore 9 della Purificazione Audio, trovò un frammento di carta sotto una grata metallica. Sopravvissuto. Su di esso, una frase cancellata a metà: «Ricordati di guardare il cielo prima che…».
Quella notte, Lira sussurrò le parole proibite nel buio della sua cella abitativa. Non sapeva cosa significassero, ma il solo atto di pronunciarle le fece sentire viva. Il collare al suo collo, però, pulsò una volta, rosso sangue. Il sistema aveva registrato la devianza.


Il giorno dopo, il Ministero inviò un dispaccio: «La felicità risiede nell’ignoranza selettiva. Chi cerca risposte trova solo vuoto». Lira fu assegnata al Reparto di Sanificazione Emotiva. Le diedero una maschera, una siringa di Oblio, e l’ordine di cancellare i diari clandestini trovati nelle case. Ma in uno di quei diari, tra righe di inchiostro evanescente, lesse: «Hanno ucciso Elena perché sapeva contare fino a dieci. Non arrenderti al due più due». Quando il collare di Lira esplose, nessuno udì il rumore. Nella Città Senza Nome, anche le esplosioni erano state sostituite da silenzi.«La distopia non è un avvertimento, ma uno specchio. E gli specchi, a volte, riflettono ombre che non vogliamo riconoscere.»
Serena Spada, prefazione a “1984”

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