Il mondo è governato da un’oligarchia corporativa chiamata Il Consorzio. Le megalopoli, avvolte da una coltre tossica e sorvegliate da droni a forma di libellula, sono divise in caste: i Puri (ingegneri genetici, analisti di dati), i Produttivi (operai, tecnici) e gli Indenturati—termine burocratico per schiavi. La schiavitù non si chiama più schiavitù. È un “contratto a servizio perpetuo”, attivato per debito, condanna giudiziaria o eredità familiare. Gli Indenturati portano marchi a codice QR sulla nuca, collegati al Q-Net, una rete quantistica che monitora pensieri e blocca l’impulso alla ribellione tramite scariche neurali. Vivono in cubicoli sotterranei, nutriti con compresse di alghe sintetiche, mentre i media del Consorzio celebrano la “funzione sociale del sacrificio individuale”. La giornata tipo di un Indenturato? Dodici ore in fabbriche automatizzate o nelle Miniere di Dati, dove estraggono informazioni da server sepolti nel deserto. I più “fortunati” lavorano nei Campi Emotivi, vasti laboratori dove la loro attività cerebrale è sfruttata per produrre contenuti di intrattenimento per i Puri.
Qui, la disperazione è convertita in dopamina virtuale. La società ignora, o finge di farlo. I cittadini comuni, intorpiditi da realtà virtuali e droghe legali, accettano il mantra: “Se non vedi catene, non esistono”. I bambini imparano a scuola che la libertà è un concetto obsoleto, responsabile delle “guerre del Caos Antico”. I dissidenti scompaiono, trasformati in esempi didattici: ologrammi di corpi appesi alle Torri di Vetro, con la scritta “Resistenza = Morte Civile”. Ma nelle fogne delle città, tra rifiuti tecnologici, fioriscono mitologie clandestine. Si sussurra di un luogo chiamato Libertas, un’isola al di fuori del Q-Net, dove gli Indenturati possono strapparsi i marchi e ricordare. Forse è una leggenda. O forse è l’ultimo neurone libero del cervello collettivo, in attesa di accendersi. Fine del trasmissione. Ricorda: il Consorzio garantisce ordine attraverso il servizio. Il servizio è pace.